Donne del Profondo Sud, Forti come la loro Terra


La donna salentina fino a circa cinquant'anni fa viveva all'ombra del capofamiglia: marito-padre-padrone, era relegata ad un ruolo di madre e moglie ubbidiente, si interessava della famiglia e quando le condizioni economiche lo richiedevano le era permesso di lavorare. Ma la donna salentina ha sempre avuto molto forte il desiderio di emanciparsi e così appena i tempi sono stati maturi, si è dedicata allo studio, a lavori che prima erano considerati eslusivamente maschili, dimostrando ottime capacità professionali . 

Per uscire dalla condizione d'isolamento in cui versavano, molte donne di Terra d'Otranto, si abbandonavano al ballo della "tarantola", ragno mitico che, secondo la leggenda, spingeva la donna, e a volte anche l'uomo, a ballare fino allo sfinimento a suon di musica suonata appositamente per il malcapitato. Questo fenomeno, arrivato fino agli anni ’60, succedeva in estate, quando le donne contadine si recavano in campagna per i lavori stagionali. Molti studiosi hanno analizzato il fenomeno concludendo che, più che dal morso della tarantola, esso nasceva dalla volontà inconscia delle donne di sentirsi libere dai loro impegni e lasciarsi trascinare dalla musica, ma erano legittimate dal morso a danzare, piangere, ridere, senza che si sentissero in colpa, ribelli, senza che qualcuno le giudicasse.

Bisogna però tener presente che soprattutto la donna del popolo anche nel passato svolgeva alcuni lavori, che erano assegnati solo a lei. Il bucato, ad esempio,  riservato alla donna, era un momento di incontro tra le lavoratrici perchè spesso le abitazioni erano provviste di un cortile per tre o quattro case nel quale c'era una pila di pietra che serviva per lavare i panni. Qui le donne salentine si incontravano e mentre lavavano si aggiornavano su fatti e persone. Anche le fontane del paese erano punti di ritrovo e mentre gli otri si riempivano c'era il tempo per quattro chiacchiere.

Al momento opportuno le donne si improvvisavano medici e guaritrici risolvendo piccoli problemi di salute. Preparavano rimedi contro l'insonnia per le bruciature, il raffreddore e la tosse. Con l'albume dell'uovo montato a neve si faceva una rudimentale ingessatura rigida contro le distorsioni e le lussazioni e tutto funzionava per bene.

Non era insolito incontrare nei piccoli centri, donne vestite di nero che venivano "ingaggiate" dietro ricompensa, per piangere alle cerimonie funebri, erano le cosiddette prefiche o "chiangimorti" che avevano il triste compito di piangere il defunto  decantando le sue qualità e le sue virtù fino a far commuovere i presenti.

Fra le due guerre mondiali molta manodopera femminile fu impegnata nelle manifattura del tabacco, erano mal pagate, gli orari di lavoro pesanti (otto, nove ore) e l'occupazione discontinua. Spesso la loro casa era lontana chilometri dal posto di lavoro e ci arrivavano a piedi, ma si sentivano privilegiate perchè portavano a casa il salario come l'uomo. Sono state le prime operaie a rivendicare  il diritto a miglioramenti di vita e di lavoro consapevoli del loro ruolo di lavoratrici e di cittadine. Grazie alla loro forza nel  1948, a Lecce nacque il Sindacato Nazionale Lavoratori Donne Tabacco, poi Sindacato Nazionale Tabacchine. Gli scioperi e le agitazioni non si esaurirono presto,continuarono dagli anni cinquanta fino ai sessanta senza paura di far sentire la loro voce, erano donne che sfidavano le convenzioni, lottavano non solo per loro, ma anche per le loro figlie che il loro essere donne non comportasse una discriminazione.

Elena Signore, Pamela Quarta